
Silvarum patrona et domina, Diana es.
Il 13 agosto ricorreva una delle festività più sacre nell’antica Roma: il Templum Dianae, giorno dedicato alla dea Diana, signora delle selve, dea della natura, della caccia, della luna, dei campi arati e protettrice delle donne caste.
I romani di ogni estrazione sociale, in questa occasione, salivano sul tempio dell’Aventino per effettuare i sacrifici. Gli schiavi partecipavano assieme agli uomini liberi, Diana infatti veniva considerata la Madre di tutti, senza alcuna distinzione.
L’origine del culto di Diana si rintraccia nell’area dei Castelli Romani, precisamente a Nemi, dove ancora oggi si ergono fra la vegetazione i resti del Tempio di Diana Nemorensis (italianizzatoDiana Nemorense) -ovvero “Diana dei sacri boschi”- edificato intorno al IV secolo a.C.

Questo luogo era testimone del cruento rituale di sacerdozio del Rex Nemorensis.
Con l’avvento del cristianesimo il tempio di Diana Nemorense fu abbandonato, spogliato dei suoi marmi e delle decorazioni, utilizzato come cava per materiali edili e infine dimenticato per essere poi riscoperto più di un millennio dopo.

Il culto di Diana, tuttavia, non si estinse del tutto con l’arrivo della nuova religione, soprattutto nelle campagne. Diana continuò a essere venerata dalla popolazione, fortemente osteggiata dalla Chiesa Romana, anche se parzialmente assimilata dall’iconografia cristiana. Molti dei suoi attributi finirono per essere trasferiti a Maria Vergine, primi fra tutti i simboli del serpente e del corno lunare, che Diana porta sul capo e che invece la Madonna schiaccia sotto a un piede. La stessa figura della Befana vede i suoi natali della trasfigurazione post-cristianesimo di Diana, la quale si credeva volasse sui campi, a cavalcioni di una scopa attorniata dalle sue ninfe, nella notte fra il 5 e il 6 gennaio per benedire il nuovo raccolto.
Diana divenne la protettrice degli oppressi e dei deboli, adorata da focolai di testardi pagani e, nella sua manifestazione lunare, figura cardine di un fenomeno che prese piede nella campagne italiane e che fu vivo e fervente fino al XIX secolo: la stregheria.

L’antropologo Charles Godfrey Leland (1824-1903) parla diffusamente di questo argomento nel suo testo del 1899 “Aradia, o il Vangelo delle Streghe”, nel quale vengono descritti incantesimi e rituali sopravvissuti nella tradizione stregonesca italiana. Leland pone molta importanza alla figura di Diana e di sua figlia Aradia come emblema della rivalsa del popolo contro il potere istituzionale il quale, da parte sua, era invece rappresentato dalla Chiesa Cattolica Romana. Il culto di Diana e la celebrazione della sua festa il 13 agosto sono ancora una realtà al giorno d’oggi. La dea continua ad esercitare un forte richiamo per i moderni pagani e per i seguaci del Neopaganesimo e delle correnti a esso assimilabili -quali la Wicca– in quanto Diana è spesso identificata come la Grande Madre.

Nelle rovine del Tempio di Diana Nemorense sorge un piccolo altare, il quale è ricoperto perennemente di offerte di fiori, frutti, candele, incensi ed ex voto di vario genere. A cavallo del Templum Dianae è oggetto di visite anche da parte di pagani e wiccan provenienti dall’estero e passeggiando al suo interno in questo periodo è possibile trovarlo meravigliosamente decorato.
Pare che 2400 anni dopo non sia cambiato molto da queste parti.
Nemora,
Alessandra
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Pubblicato il giorno del mio compleanno …. 🙂 Grazie !!!!
Grazie articolo bellissimo