Nemora incontra Geografia Sacra

Cronaca di una non-intervista

 Nemora incontra geografia sacra
La mappa di Piri Reis

Ero partita da casa con un bloc notes pieno di domande accuratamente studiate.
Avevo con me la mia macchina fotografica, pronta per video e foto.
In sostanza, mi ero preparata per l’incontro con Sandro Pravisani, fondatore e curatore del progetto Geografia Sacra. Negli ultimi anni Sandro ha sviscerato il territorio dei Castelli Romani e dintorni, interpretandone archeologia, storia religiosa e conformazione naturale sotto una luce inedita.
Ci siamo incontrati a Giulianello, io avevo in mente una sfilza infinita di cose di cui parlare ed ero intenzionata a fotografare tutto ciò che mi avrebbe mostrato. Tuttavia, non è un caso se in questo articolo non ci sono né fotografie, né botta e risposta.

Mi ha condotta nei pressi di un corso d’acqua che scorre vicino al lago.
Attraversato un campo, ci siamo ritrovati ai piedi di una collinetta piccola ma ripida.
Un sorta di acropoli in miniatura.
Nel basamento dello sperone di roccia si apre una grotta chiusa da una porta raffazzonata, Sandro mi dice di tenere questo elemento a mente. Non si nota nulla di rimarchevole dal basso, solo il piccolo boschetto che troneggia sulla collina.
Ci arrampichiamo fino in alto, a terra un tappeto di foglie morte e nell’aria un intreccio di rami.
C’è la tipica atmosfera fuori dal tempo che aleggia nei luoghi che riposano indisturbati nel sottobosco. In cima, da una sorta spianata, emergono dal terreno delle grosse rocce, modellate da mano umana. Alla mia destra vedo dei vasconi scavati nei massi.

-Cosa vedi?-
-Qua ci sono delle vasche.-
-Esatto. E cosa pensi nel vedere tutto questo?-
-Mi chiedo di che epoca siano.-
-No no, troppo razionale, cambia approccio. Cosa senti?-

Mi guardo attorno, indubbiamente è un luogo che mi ispira l’urgenza di silenzio.
Come se parlando ad alta voce si corresse il rischio di introdursi illecitamente in un flusso che prosegue da millenni, incrinandone il corso. Le rocce presentano scanalature, piccoli incavi sferici, vasche angolate, curvature.

-Vedi, qui l’uomo non ha costruito soppiantando la natura. Ha scavato, l’ha modellata, si è integrato in essa. Siamo lontani anni luce dalla concezione romana di architettura, è ancora lungi da venire.-

Stiamo camminando su solchi incisi migliaia di anni fa, in questa piccola acropoli dimenticata.
Il paese è lì sotto, vicino, eppure lontanissimo.

-Ma, Sandro, cosa contenevano queste vasche?-
-È quella la questione.-

Mi conduce a un’estremità dello sperone di roccia e mi fa cenno di guardare dove sta indicando.
Tre gradini scolpiti che conducono a un salto di diversi metri sul nulla.
È pazzesco, è illogico.

-Strano, vero? Sembra non avere nessun senso.-

Annuisco.
Mi viene in mente un racconto di H.P. Lovecraft, in cui un marinaio naufraga e sbarca su di una strana isola in cui le leggi della fisica si annullano e tutto sembra avere una geometria sbagliata, irrazionale.

-E indovina: cosa c’è perpendicolarmente qua sotto?-

La grotta, quella che mi aveva detto di notare mentre ci apprestavamo a salire.
Sono confusa. Mi manca qualsiasi riferimento cui potermi appellare per categorizzare il luogo in cui ci troviamo: epoca, funzione, popolo.

-Guarda, li vedi questi tre punti?-
Indica tre rocce scavate tutte nella stessa maniera peculiare.
-Posizionandosi su di essi con una bussola, ci si rende conto che sono indirizzati secondo i punti cardinali. Ne manca un quarto, ma potrebbe essere ancora sepolto sottoterra.-

Ecco, finalmente un riferimento cui aggrapparsi, una direzione.
Mi vuole mostrare una cosa, oltre la roccia che segna l’est, in un angolo estremo della collinetta.
Una semisfera e una piccola scanalatura che scende verso il basso, scolpiti sul versante orientale della pietra.

-Cosa ne pensi di queste vasche?Cosa potevano contenere?-
-Non saprei, mi verrebbe da dire qualche liquido, perché sembrerebbe la risposta più scontata.-
-Un liquido, ma quale liquido?-

Proprio non saprei.

-Hai dato per scontato che tutto questo raccogliesse qualcosa destinato a scendere dall’alto verso il basso, giusto? E se invece contenesse qualcosa che dal basso sale verso l’alto?-

Penso.

-Cosa potrebbe salire dal basso verso l’alto?Non potrà mai essere un liquido.-
Ho un’intuizione: luce.
-Vedi, se tu venissi qui all’alba dell’equinozio d’autunno, vedresti il sole spuntare da dietro quella montagna lì davanti. Lo vedresti spuntare e proiettare i suoi primi raggi qui, nella scanalatura, per poi raccogliergli in questa sfera.-

Incredibile.

-Siamo su di un’enorme meridiana. Pensa il valore che poteva avere uno strumento del genere nelle mani di una popolazione che viveva nell’incertezza più totale, nella precarietà di una vita sul filo del rasoio. Cosa viene naturale cercare quando si è totalmente disorientati?-
Dei punti di riferimento, esattamente come stavo cercando di fare io poco prima.
-Riportando in terra i cicli cosmici, si cercano sicurezze. E una volta che crei un gioco di specchi tra il cielo e la terra, hai un luogo sacro.-

Scendiamo dalla collinetta-acropoli.
Man mano che ci allontaniamo nel campo, le lancio un’occhiata da lontano.
Ero talmente assorbita da dimenticare completamente di fare tutte le domande che mi ero prefissata ma, soprattutto, di imbracciare la macchina e scattare fotografie, perciò non ho nulla da mostrarvi. Pazienza, d’altronde oggi ho imparato che ci sono cose che si comprendono meglio chiudendo gli occhi.

Nemora,
Alessandra

Ringrazio Sandro per la sua immensa disponibilità.
Vi consiglio caldamente di visitare il suo blog e di tenere d’occhio le attività che organizza sandropravisani.blogspot.it .

1 commento su “Nemora incontra Geografia Sacra”

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