Nei giorni più tersi la sensazione che si ha percorrendo via Antonio Gramsci, la strada che da Castel Gandolfo conduce verso le sponde del Lago Albano, è quella di un gioioso tuffo fra le braccia del cratere vulcanico. Cielo e acqua dialogano in un botta e risposta fatto di luce e riflessi mentre le strette curve, alternandosi, nascondo e svelano il panorama.
Si supera il passaggio a livello, si scende ancora un poco, si supera il ristorante La Funivia (che echeggia la cestovia installata nel 1960 in occasione delle Olimpiadi di Roma) e infine eccoci arrivati lungo il periplo del lago. Lo sguardo, durante il percorso, è sempre rapito da quella meravigliosa macchia blu che, con i suoi 168 metri, costituisce il lago vulcanico più profondo d’Italia.
Non possiamo, dunque, biasimare il visitatore se si è lasciato sfuggire un dettaglio importante. All’altezza de La Funivia, di fatti, se avesse voltato il capo dall’altra parte, verso sinistra, avrebbe potuto notare qualcosa di molto particolare: la sommità di una volta, incastonata in una profonda cavità, la cui base è nascosta da un alto muro che si affaccia su strada. Avrebbe scoperto, così, l’esistenza del Ninfeo Dorico di Castel Gandolfo.
La struttura del Ninfeo Dorico
Cominciamo l’esplorazione di questo luogo a partire dalla sua funzione: cos’è un Ninfeo?
Con il termine “ninfeo”, nella civiltà greco-romana, si indicava un luogo dedicato a una ninfa -divinità femminile legata alle acque, le Naiadi nel caso di acqua dolce- in cui erano presenti fontane, vasche, giochi d’acqua e piante acquatiche (per assonanza, vi suggerisce qualcosa il fiore di ninfea?) . All’interno di questi ambienti era consuetudine dedicarsi all’otium, ovvero rilassarsi, conversare e consumare banchetti. Data l’origine cultuale dei ninfei, perciò, si passa nel tempo a un utilizzo decisamente più mondano.
I ninfei potevano essere progettati secondo formulazioni diverse, un elemento molto interessante riguarda in particolare i ninfei a pianta circolare, i quali sembra siano stati d’ispirazione per i battisteri paleocristiani.
Il Ninfeo Dorico di Castel Gandolfo è una cavità a base rettangolare di 11 x 6 metri scavata ai piedi del Monte Cucco, dotato di una volta a botte alta 8 metri e terminante, sul fondo, in una piccola cappella circoscritta da timpani. Ai lati, ospita due ordini di nicchie sovrapposte (rispettivamente 7 e 11) le quali probabilmente servivano da alloggio per statue e decorazioni varie. Di primo acchito, potrebbe ricordare un altro importante ninfeo situato all’interno del Parco della Caffarella, a Roma: quello della Ninfa Egeria.
Dalla cappella ci s affaccia in una cavità ricca di formazioni calcaree, testimone di un antico gocciolamento d’acqua di sorgente: è proprio da qui che l’acqua doveva raggiungere il ninfeo, per essere poi incanalata e dare vita ai giochi d’acqua. Muschi e felci spontanee popolano oggi le pareti della caverna, rivestita per lo più da opus reticulatum in pietra pomice. La decorazione architettonica del cornicione è di fattura dorica (da qui il nome del ninfeo), mentre le mensole ed i capitelli dei pilastri sono di stile ionico.
Entrando all’interno della grotta si ha, ancora oggi, l’impressione di immergersi in un mondo ultramarino.
Le origini e la storia del Ninfeo Dorico
Lo splendido complesso del Ninfeo Dorico riversava semisepolto in stato d’abbandono da tempo immemore, fin quando non venne casualmente riscoperto nel 1723, durante uno scavo. In maniera più o meno unanime, gli studiosi fanno risalire la struttura al I secolo a.C. e la interpretano come uno degli edifici afferenti all’imponente villa di Domiziano, che cingeva gran parte del bacino di Castel Gandolfo. Si tratterebbe, dunque, di un orpello decorativo dei giardini dell’imperatore. La collocazione geografica del ninfeo e la storia del luogo, però, hanno sollecitato delle interessanti riflessioni fra gli studiosi.
Alba Longa e il Latium Vetus
Prima ancora del dominio di Roma, prima dello sfaldamento della Lega Latina e prima della costruzione delle ville imperiali sui Colli Albani, su queste terre dominava Alba Longa, la città a capo dei populi albenes.
Secondo Dionigi di Alicarnasso, in quella che oggi definiamo età del bronzo, questa zona sarebbe stata abitata dai Siculi, poi scacciati verso Sud dalla popolazione degli Aborigeni, i quali presero il loro posto. Contestualmente, a seguito della distruzione di Troia (1184 a.C.), i Troiani sbarcarono sulle coste del Lazio e via via colonizzarono l’entroterra fino al raggiungimento dei Colli Albani: si fa infatti risalire ad Ascanio, figlio di Enea, la fondazione di Alba Longa nel 1230 a.C., durante l’età del bronzo finale. Dall’unione degli Aborigeni e dei Troiani ebbero origine i Latini.
Le vicende di Alba Longa, naturalmente, sconfinano in molti passaggi all’interno della leggenda, perciò -nel postulare delle ipotesi- dobbiamo sempre far sì che siano corroborate da ritrovamenti e fonti affidabili. Benché non sappiamo in modo certo la collocazione di Alba Longa, l’archeologia ci consegna la verità storica del Lago Albano come di un’area riccamente popolata già nell’età del bronzo: il Villaggio Palafitticolo delle Macine e la Grotta Battiferro, ad esempio, sono due importanti testimonianze della presenza umana locale in questo periodo.
La Necropoli del Monte Cucco (Necropoli del Pascolare)
Scendendo nel dettaglio del nostro ninfeo, annidato nel ventre del Monte Cucco, sappiamo per certo da una campagna di scavi del 1816-1817 che la sommità di questa altura ospitava una vasta area di sepoltura: la Necropoli del Pascolare (o Pascolaro). Gli archeologi, durante le indagini svolte nel corso dell’800 e del ‘900, hanno riportato alla luce vasi di bucchero, le caratteristiche urne a forma di capanna, figurine antropomorfe ed elementi fittili per un totale di circa 90 reperti, tutti risalenti a un periodo che va dal X al IX secolo a.C.
Osservando il vasellame recuperato è impossibile non notare le svastiche che decorano alcuni di esse. Questo simbolo, prima di diventare un paradigma della follia nazista, è un motivo ricorrente nelle decorazioni di tutto il mondo antico, dall’india fino alle civiltà precolombiane.
In ottica antropologica, potremmo semplicemente immaginare che questa sia una coincidenza data dalla svastica in quanto simbolo che attraversa “l’inconscio collettivo” di molti popoli, usato in maniera diffusa per rappresentare schematicamente principi universali: la croce è, ad esempio, è universalmente il modo più semplice per rappresentare una stella.
Diversi studiosi, però, rivedono nella svastica il simbolo dell’Orsa Maggiore che ruota intorno al polo nord celeste, occorrenza che indicherebbe una conoscenza profonda -da parte dei popoli in oggetto- dei cicli astronomici e di come questi influiscano sull’avvicendarsi delle stagioni sulla Terra.
Possiamo mettere in relazione questa nozione con un dettaglio molto interessante, l’apertura del Ninfeo Dorico non solo è orientata esattamente verso il Monte Cavo, antica sede dell’importantissimo Tempio di Giove Laziale nonché sede politica della Lega Latina, ma è anche perfettamente disposta in modo tale che da qui sia visibile il sorgere del sole dalla vetta del monte nel giorno dell’Equinozio di Primavera (ne ho parlato in questo articolo, per approfondire l’argomento si consiglia la lettura del testo La Signora dei Lupi – Geografia sacra e culti del sole nel Lazio antico, di Sandro Pravisani).
Clodio e le ultime scoperte
Graziano Nisio e altri ricercatori, inoltre, collocano proprio sul Monte Cucco la presenza dell’antico Tempio di Vesta – e dell’Arx Albana- ospitante il sacro fuoco. Se non altro, la leggenda narra che Rea Silvia, figlia del re di Alba Longa e madre di Romolo e Remo, era proprio una Vestale, pertanto abbiamo un sostegno documentale (per quanto mitico) che ci indica l’esistenza del culto di Vesta ad Alba Longa.
La leggendaria città fu rasa al suolo nel 673 a.C. da Tullio Ostilio e nel corso della distruzione non vennero risparmiati neanche gli edifici sacri. Cicerone, però, ci fa sapere che Clodio (I secolo a.C.) farà erigere tre sacrari sulle rovine di Alba Longa, in corrispondenza di antichi santuari.
Che la collocazione nel parco di Domiziano (costruito un secolo più tardi, nel I secolo d.C.) abbia condizionato l’interpretazione originaria di questo edificio?
È difficile non lasciarsi suggestionare dal fatto che la struttura severa e ieratica del Ninfeo Dorico e quella sorta di cappelletta situata sul fondo, a conti fatti, ricordino molto un sacello. A coronamento di ciò, riportiamo l’importante scoperta nel 2021 da parte dell’Associazione Arco di Diana di una gigantesca cisterna nei pressi del Ninfeo, datata all’epoca tardo-repubblicana, gli anni in cui visse Clodio.
Forse, molto semplicemente, il Ninfeo Dorico è uno di quegli edifici che ha vissuto più di una vita nel corso della loro lunga esistenza nel mondo.
Conclusioni
Non abbiamo notizie di ciò che fu del ninfeo nei secoli a venire, alcune fonti parlano di una fortificazione dell’area antistante in epoca medievale, ma non ci sono sufficienti prove a supporto per ricostruire questa fase.
Quel che ci resta è un altro meraviglioso enigma da ammirare.
Alessandra di Nemora
P.S. Ricordo che il Ninfeo Dorico è visitabile solo in occasione di aperture straordinarie, perciò consiglio di tenere aperti gli occhi sui siti delle associazioni che operano sul territorio in concerto con la Soprintendenza dei Beni Culturali.
Fonti e link utili:
- La Signora dei Lupi – Geografia sacra e culti del sole nel Lazio antico, di Sandro Pravisani
- https://www.parcocastelliromani.it/app/webroot/userfiles/file/Pubblicazioni/Leggendaria_AlbaLonga.pdf
- https://www.academia.edu/22509302/_Le_necropoli_del_Pascolare_nuova_documentazione_e_rilettura_critica_dei_dati
- https://books.google.it/books?id=2pqLUgB7B58C&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_atb#v=onepage&q&f=false
- https://core.ac.uk/download/pdf/232466006.pdf
- https://www.ilmessaggero.it/roma/news/scoperta_cisterna_romana_lago_albano_foto_utime_notizie_oggi-5828676.html
- http://www.osservatoriocollialbani.it/2021/07/17/il-mito-di-rea-silvia-la-fortezza-pontificia-e-larx-albana/
- https://www.sotterraneidiroma.it/explora/sites/ninfeo-dorico