L’enciclopedia Treccani definisce il sacro come “ciò che è connesso all’esperienza di una realtà totalmente diversa, rispetto alla quale l’uomo si sente radicalmente inferiore, subendone l’azione e restandone atterrito e insieme affascinato; in opposizione a profano, ciò che è sacro è separato, è altro, così come sono separati dalla comunità sia coloro che sono addetti a stabilire con esso un rapporto, sia i luoghi destinati ad atti con cui tale rapporto si stabilisce.”
Il concetto di fondo è chiaro: il sacro è altro, qualcosa di anomalo rispetto alla regolare realtà. In quanto tale, il sacro è spaventoso e al contempo irresistibile, pertanto il contatto con esso necessita di essere disciplinato da un intermediario e confinato in un luogo dedicato.
Così nasce la religione. L’origine etimologica del termine “religione” è proprio quella di “relegare”, “recintare”, “confinare”, con il duplice significato di imbrigliare il sacro entro confini definiti e legare l’uomo a determinate pratiche rituali (Lucrezio, I a.C.). Per dirlo con le parole di Umberto Galimberti: le religioni sono nate per difenderci dal sacro, non per metterci in rapporto con esso.
Il contatto diretto, non mediato, incontrollato con il sacro, è pericoloso in quanto espone l’essere umano alla contaminazione con questa dimensione anormale, con effetti imprevedibili.
Segni e simboli
La realtà a cui siamo avvezzi è reggimentata da codici universalmente riconosciuti all’interno di una data società, saldati dal rapporto univoco convenzionalmente stipulato fra significante e significato. A ogni segno (significante) equivale sempre un singolo equivalente semantico (significato). Il riconoscimento universale dei segni, l’obbedienza al patto di queste definizioni, rende possibile l’aderenza collettiva alla realtà. Sottrarsi a questo nesso, sganciare i significanti dal significato in modo arbitrario, equivale a entrare in una dimensione contradittoria.
Ogni elemento della realtà si definisce per il suo “non essere altro”. Un libro non è una matita, un cane non è un gatto, un pesce non è un albero. Violare il patto di non contraddizione significa poter realizzare che una matita possa anche essere un coltello, che un cane possa essere una casa, che un albero possa essere anche un mulino. Questo si esprime la perdita totale di senso e si traduce con la follia.
Il segno, dunque, è il grande ordinatore, l’agente razionalizzante.
Su un piano liminale, invece, si muovono i simboli, passibili di interpretazioni e ambiguità. Il simbolo è il linguaggio del sacro, che si muove lungo il confine del senso altro, mentre la religione si esprime per segni. Il pesce è un animale ma per i cristiani equivale a Gesù Cristo. Questo è stato un simbolo nell’ambito clandestino protocristiano, fintantoché la religione si è istituzionalizzata e ha fissato l’univocità di questa corrispondenza, generando un segno. Il leone alato rappresenta simbolicamente l’evangelista San Marco, ma cosa accadrebbe se un sacerdote sostenesse che invece si tratta dell’effige di Maria? Verrebbe bollato come ignorante o, peggio ancora, come folle. Il leone alato è ormai un segno legato a San Marco.
Ierofanie
È in questo scenario che introduciamo la ierofania, ovvero la manifestazione del sacro, l’irruzione, indisciplinata e violenta, del divino in questo mondo. Un oggetto, un’entità, un manufatto, un elemento naturale si svincola dal suo significato tradizionale e si fa apparizione del sacro.
Un albero o una pietra o un essere umano come manifestazioni del sacro, ierofanie, non perdono le loro caratteristiche fisiche, ma non per queste caratteristiche fisiche essi vengono ritenuti sacri. Divengono “ierofanie” quando assurgono ad ulteriori significati ed attributi, quando, cioè, gli uomini scorgono in loro qualcosa d’altro, di totalmente Altro (ganz Anderes), un altro che appartiene al mondo del sacro.
Qualsiasi oggetto, comportamento, funzione, essere può divenire sacro in una cultura umana separandosi inevitabilmente da ciò che lo circonda, il profano, pur mantenendone le caratteristiche fisiche.
Lo Shintō (impropriamente chiamato “Shintoismo” in occidente) è la religione più antica del Giappone, profondamente intrecciata con una percezione ultraterrena del mondo naturale e con tratti fortemente animistici. In questa tradizione esistono i cosiddetti yorishiro, ovvero oggetti in grado di attirare a sé gli spiriti (kami) donandogli uno spazio fisico da occupare. Si tratta spesso di alberi o rocce i quali vengono decorati con le tradizionali corde chiamate shimenawa, per denotare il loro status speciale.
In ambito archeoastronomico le ierofanie identificano quelle occorrenze in cui gli edifici antichi sono stati evidentemente progettati per assumere delle caratteristiche peculiari in giorni specifici del calendario, spesso in associazione con fenomeni astronomici di rilievo quali equinozi, solstizi o allineamenti planetari. Un esempio molto celebre è quello che si verifica nell’altopiano di el-Giza, alle porte del Cairo, dove da quattro millenni svettano le piramidi di Cheope, Chefren e Micerino.
Qui è stato riscontrato un allineamento delle tre piramidi principali, verso l’antica Eliopoli, città sacra del culto solare. Durante il solstizio d’estate, al tramonto, il Sole si colloca proprio in mezzo alle piramidi più grandi, quella di Cheope e di Chefren. Tutto ciò segue un progetto ben preciso, secondo le affermazioni di Giulio Magli, archeoastronomo e docente all’Università di Milano, ovvero mostrare il dio solare che tramonta fra le due piramidi, rendendo sacro il paesaggio. Questa ipotesi sarebbe confermata dal geroglifico Akhet, rappresentato dal disco solare in mezzo a due colline stilizzate, con il significato di “orizzonte”.
Un’altra famosa occorrenza si verifica a Chichen Itzà, in Messico. Secondo la mitologia Maya, la loro divinità principale -Kukulkàn- era solita scendere sulla terra nei giorni degli equinozi di primavera e autunno sotto forma di un grande serpente piumato. Nella progettazione della piramide con 91 gradoni denominata El Castillo, i Maya hanno orientato la struttura in modo tale che all’alba degli equinozi il sole nascente proiettasse l’ombra di un grande serpente sul dorso della piramide.
In Italia abbiamo numerosissimi esempi che sopravvivono tuttora in forma sofisticata nelle tradizioni folkloristiche locali, ma forse l’esempio più lampante si trova proprio nella Capitale, nel Pantheon: solo e unicamente a mezzogiorno del 21 aprile, giorno in cui si celebra il Natale di Roma, il sole penetra dall’oculus con un’inclinazione tale da generare un fascio di luce che centra esattamente la porta d’ingresso del tempio. Anticamente, l’imperatore faceva il suo ingresso trionfale proprio in quel momento, investito dalla luce e consacrato divinamente agli occhi del popolo. Una simile forma di ierofania architettata dalla mente degli Antichi Romani è quella che prende vita nel Mausoleo degli Equonozi, lungo la Via Appia Antica.
Andando a ritroso nel tempo, invece, possiamo osservare il magnifico allineamento che ha luogo nei giorni degli equinozi a Castel Gandolfo, quando -posizionandosi lungo le sponde del lago, nel luogo in cui un tempo si ergeva il Villaggio Preistorico delle Macine- è possibile vedere il sole sorgere maestoso dalla cima del Monte Cavo, il sacro Mons Albanus (link all’articolo dedicato al fenomeno).
L’addomesticamento del Sacro
Quello che appare chiaro dalla corrispondenza fra petroglifi incisi sulle rocce in epoca remotissima (quando l’uomo viveva ancora come cacciatore-raccoglitore, ben prima della rivoluzione agricola), il paesaggio e le ricorrenze astronomiche, è che il riconoscimento delle ierofanie da parte dell’essere umano risale alle origini della nostra specie e nasce probabilmente dalla necessità di dare un senso ai ritmi della natura. L’uomo antico, di fatti, era alla mercè delle variazioni dell’ambiente circostante e codificare dei pattern rappresentava un passo necessario per la sopravvivenza.
Il sole, i tuoni, le stelle, il fuoco, le bestie che si muovano nella notte, tutto veniva vissuto come una manifestazione potenzialmente pericolosa, imprevedibile, altra, rispetto alla vita umana. Sacra, divina e indisciplinata. Tuttavia, generazione dopo generazione, si è trasmessa la conoscenza di luoghi che potevano fungere da marcatori per determinati momenti di passaggio ciclici.
“Quando il sole sorgerà da dietro il monte, significa che si sta avvicinando il grande freddo”; “quando le stelle in cielo saranno disposte come queste rocce, arriverà presto un periodo di forte siccità”; “quando il sole colpirà questa vetta, le foglie cominceranno a cadere”. Potremmo definire il processo di presa di dominio sulle scansioni temporali da parte dell’uomo come “l’addomesticamento del sacro”.
Tutti fenomeni di origine divina, dominati da logiche sconosciute, ma dai riverberi terrestri ben visibili. Là, dove un tempo si trovava una roccia scalfita in maniera peculiare, qualche millennio dopo sorgerà un tempio. La nascita delle religioni organizzate e l’origine dei calendari solari cambieranno le carte in tavola: da necessità legate alla sopravvivenza, le ierofanie diverranno puramente manifestazioni simboliche.
Ma che si tratti di giochi di luce studiati a regola d’arte da architetti antichi, oppure che siano allineamenti spettacolari che nascono puramente dalla disposizione geografica di rilievi, depressioni e specchi d’acqua, le ierofanie hanno una caratteristica comune: rappresentano il momento in cui la relazione univoca fra significante e significato si infrange, l’istante in cui il simbolismo e l’irrazionale prendono il sopravvento.
Quella lungo la piramide è un’ombra, ma è anche Quetzalcoatl, il serpente piumato. I raggi che investono l’imperatore il 21 aprile sono solo proiezioni solari, ma sono anche luce divina. Il sole che emerge dalla vetta è solo una stella che sorge, ma è anche il dio che ha sconfitto l’oscurità dopo mesi di tenebre.
Viene meno il patto di non contraddizione, la follia fa capolino in questo mondo. Il tessuto dello spazio si squarcia, si ha il lampo di un’intuizione inafferrabile, che svanisce dopo pochi istanti. Il sole sgancia i suoi tentacoli di luce dal suolo e sorge alto in cielo, oppure affonda oltre il dorso gibboso di un monte. È passata.
Non sapresti dire cosa hai visto per quei pochi istanti. Ma ormai sei stato contaminato.
Alessandra di Nemora
Fonti e approfondimenti:
- https://www.treccani.it/vocabolario/sacro1/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Ierofania
- http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=433
- http://www.viaggionauta.com/egitto-e-piramidi-le-ultime-scoperte-e-i-tour-magici/