Il processo con cui le onde sono concepite dal mare e la genesi delle foglie dai rami.
L’origine delle stelle e la formazione dei minerali. La manifestazione dei venti e i processi che determinano le piogge. La nascita di un animale selvatico, l’impollinazione di un fiore.
Tutti questi sono fenomeni naturali che consideriamo come una logica espressione della natura.
Non siamo portati a differenziare queste occorrenze dal concetto stesso di natura, esse sono la natura.
Eppure, per noi esseri umani, compiamo un’eccezione sul piano intellettuale e questo è evidente nel linguaggio che utilizziamo per denotare alcuni eventi. Una delle locuzioni che forse maggiormente incarna questa inclinazione psicologica è venire al mondo.
Si tratta di un modo di dire di cui ci serviamo senza troppe implicazioni filosofiche eppure, soffermandoci un istante, ci si rende conto del significato soggiacente.
Così come le onde sono un’espressione dell’oceano, dunque del mondo e della natura sul piano microscopico e dell’Universo sul piano macroscopico, noi stessi non veniamo al mondo: siamo un suo prodotto. Non solo siamo la natura, l’universo, ma siamo a tutti gli effetti un suo processo.
Ed è per questo che è così difficile definirci e qualsiasi tentativo di definizione di noi stessi fallisce inevitabilmente.
Non viviamo esperienze, siamo le esperienze. Non proviamo emozioni, siamo le nostre emozioni.
Cercare di definire se stessi è come provare a mordersi i denti da soli, direbbe il filosofo orientalista Alan Watts, lo stesso che affermò che l’essere umano è una forma attraverso cui il cosmo esprime e sperimenta se stesso, una sua azione.
Concepirsi come manifestazioni naturali può essere forse spaventoso e disorientante almeno quanto esaltante.
Figurare se stessi come un’esperienza, come un fenomeno, è forse la chiave verso una modalità di vita più libera e spontanea.
Se siamo processi, siamo entità in continuo mutamento. Possiamo dunque abbracciare con maggiore serenità l’idea di cambiamento, possiamo perdonare i nostri errori e gettarci nella corrente con rinnovata leggerezza. Vivere l’emotività con piena partecipazione, in ogni suo aspetto e senza timori di trovarvi un incastro oppressivo, nel bene e nel male.
Il contesto esistenziale cessa di essere, per l’appunto, il mero contesto e avviene una sovrapposizione fra il sé, l’ambiente e la sfera dei sensi. Si diviene Uno con il Tutto.
Secondo la cosmogonia Taoista, gli elementi in cui si manifesta l’energia vitale Qi sono cinque – acqua, terra, fuoco, legno e metallo- e attraverso il loro avvicendarsi ogni cosa è creata e distrutta in un ciclo incessante.
E noi che elemento siamo? Tutti e nessuno.
Noi occupiamo, di volta in volta, lo spazio di trasformazione che intercorre fra uno e l’altro. Siamo manifestazione nel Vuoto. Creazione che prende forma quando il cosmo trattiene il respiro.
Siamo pura esperienza che, nel tentativo di interpretarsi, perde di vista la meraviglia della propria manifestazione tangibile e sensoriale.
Alessandra di Nemora
Alessandra di Nemora, buongiorno, sei una bella scoperta, per me che faccio attività di ricerca in vista di un libro sulle religioni quali Sistemi di Potere.
grazie per i lavori che hai fatto e pubblicato sull’web,
sono a Firenze….